Permettetevi di presentarmi: sono una degli 800.000 italiani che vivono in Germania e ho deciso di raccontarvi qualcosa di questo paese nel mio blog.
Innanzitutto dovete sapere che gli italiani in Germania non sono soltanto numerosi, ma sono anche presenti agli occhi dell’opinione pubblica: qui esistono molti VIP, politici, personaggi dello spettacolo e del giornalismo che hanno un cognome italiano.
Ciò è frutto sia dell’emigrazione “povera” avvenuta del dopoguerra, sia dell’emigrazione più recente, fatta di laureati alla ricerca di migliori opportunità di lavoro oltre confine.
Anch’io sono una di quei laureati, arrivata in Germania con una borsa di studio. Il mio doveva essere un soggiorno di studio, ma ho trovato qui condizioni di vita che mi hanno spinta a restare. A dire il vero, mi è subito sembrato di trovarmi su un altro pianeta. Ma di questo parlerò in un blog successivo.
Ormai torno in Italia soltanto per le vacanze, un paio di volte all’anno. Ho mantenuto questa abitudine anche durante la pandemia, anche perché da Monaco di Baviera l’Italia non è molto lontana.
Poiché mi interesso di politica, in tutti questi anni ho sempre seguito i media italiani e sono aggiornata su tutto quello che succede in Italia. Faccio anche parte di alcuni gruppi italiani su Facebook.
Nella lettura di giornali e articoli su internet c’è una cosa che mi ha sempre stupito: l’immagine distorta della Germania che viene propagata da certi media e anche dall’editoria.
Non parlo di eccessi come la caricatura della cancelliera Angela Merkel con i baffetti alla Hitler: la ex cancelliera democristiana, figlia di un pastore protestante e cresciuta nella DDR, non meritava davvero questo paragone.
Parlo di allusioni alla Germania come “paese imperialista”, che cerca di affermare la propria ”egemonia” in Europa. Accuse che vengono lanciate a intervalli regolari da alcuni media italiani.
Sembra quasi che la Germania sia il paese nazista che è stato quasi un secolo fa.
A questa immagine contribuisce anche la grande editoria italiana: se andate in libreria e cercate un’opera ambientata in Germania, troverete sugli scaffali i soliti romanzi in cui gli unici tedeschi sono ufficiali delle SS.
E pensare che dopo il 1948 si sono verificati in Germania eventi storici che hanno cambiato la società radicalmente: per esempio la contestazione giovanile del ’68, da cui sono nati i movimenti ambientalisti che al giorno d’oggi sono diffusi in tutta Europa, oppure la caduta del Muro, da cui è scaturita non soltanto la riunificazione tedesca, ma anche la riunificazione europea, con l’allargamento dell’Unione Europea a paesi che un tempo appartenevano al blocco sovietico.
Nonostante questi eventi epocali, i media e l’editoria italiana continuano a proporci un’immagine vecchia della Germania.
E c’è di più: si tratta di un’immagine che è in palese contrasto con il vissuto quotidiano di milioni di italiani, che hanno a che fare con colleghi tedeschi per lavoro.
Se non vi interessate di economia non lo saprete, ma sono ormai vent’anni che la Germania del sud e l’Italia del nord costituiscono praticamente un’area economica integrata. Un’area in cui milioni di persone si incontrano e scambiano non soltanto merci, ma anche abitudini culturali, contatti, esperienze.
Nell’Italia (non solo) settentrionale chiunque lavori nel terziario o nell’industria ha a che fare con operatori di lingua tedesca, deve recarsi in Germania per lavoro o riceve la visita di clienti o fornitori tedeschi. Si tratta di persone che hanno un’esperienza diretta della Germania moderna. E sono moltissime.
Per quanto riguarda la mia esperienza diretta, di italiana che vive da quasi trent’anni in Germania, posso assicurarvi che qui i nazisti sono una specie in via di estinzione, anche grazie a una legislazione severissima, che proibisce emblemi nazisti (anche sulle copertine dei libri), saluto romano, negazione dell’olocausto e manifestazioni di affinità ideologica con il nazismo.
Ma la vera rottura è stata culturale ed è avvenuta con la contestazione giovanile del dopoguerra, che ha fatto piazza pulita di valori vecchi come la disciplina, il patriottismo, il nazionalismo. È da questa rottura che si è formata una generazione di politici di ispirazione ambientalista e socialdemocratica.
Il tedesco medio non è molto diverso da un italiano medio: anche qui ci sono le persone espansive e quelle riservate, anche qui ci sono ricchi e poveri, belli e brutti, intelligenti e stupidi.
Ciò che è diverso è la tenuta del tessuto sociale: a mio parere i tedeschi sono riusciti ad avvicinarsi con una buona approssimazione all’utopia di una società socialdemocratica.
Ciò significa che le differenze sociali esistono, ma la nascita non contribuisce a decidere la sorte di una persona senza appello.
L’istruzione universitaria è alla portata di tutti. Ma non finisce qui: il sistema scolastico tedesco tende a spingere tutti coloro che non vogliono studiare verso l’apprendimento di una professione o di un mestiere.
Predomina un vasto ceto medio, che ha a disposizione un reddito dignitoso e ha ricevuto un’istruzione almeno basilare.
La ricchezza materiale qui non è fonte di arroganza. Avere più soldi non significa avere più diritti.
La società civile presenta una certa coesione, grazie a valori in cui credono tutti. Non passare con il rosso è un comportamento acquisito.
Chi ruba (anche allo Stato) viene disprezzato. Non viene considerato “furbo”.
Anche il razzismo viene disprezzato: recentemente è stata interrotta una partita di calcio di serie A in cui alcuni spettatori avevano fatto il verso della scimmia a un giocatore di colore: fine della partita e tutti a casa.
Esistono poi altri aspetti, in cui la Germania ha dimostrato di volere abbattere le discriminazioni: a parte la cancelliera donna, sapevate che la metà dei ministri dell’attuale governo è costituita da donne?
In definitiva, si tratta di una società in cui è possibile vivere bene, non soltanto in senso materiale, ma grazie a una società civile che funziona anche senza sanzioni.
Un’ultima cosa: sapete che i tedeschi amano l’Italia e tutto ciò che è italiano? Il tedesco medio preferisce i ristoranti italiani, trova chic la moda italiana ed è stato almeno una volta in vacanza in Italia. Fra i più istruiti, si trovano persino persone che parlano bene l’italiano.
Peccato che si tratti di un amore non ricambiato, almeno secondo quanto ci suggeriscono i nostri media.
Comunque sono sicura che questa percezione distorta è destinata a ricomporsi. È il solito divario fra cultura ed economia: prima o poi anche la cultura dovrà adeguarsi alla vita reale della gente.
Per finire: volete un’immagine realistica della vita a Berlino? Guardate la serie Dogs of Berlin, disponibile anche in italiano su Netflix.
Interessati? Vi invito sul mio blog: Vivere in Germania